La storia di F.

F. è nata a Roma (città in cui viviamo) il 14 luglio 2004, con un parto spontaneo decisamente tranquillo. Anche la gravidanza è andata bene, senza alcun problema rilevante. Purtroppo però, appena nata, non è riuscita ad attaccarsi al seno e quindi non ho potuto allattarla come invece avevo fatto con suo fratello. Quando F. aveva appena tre mesi ci siamo accorti che qualcosa non andava: la nostra bimba cresceva bene, ma non si muoveva, non sosteneva la testa come avrebbe dovuto, non agganciava nulla con lo sguardo e non era interessata a ciò che la circondava.

Così a cinque mesi abbiamo deciso di portarla all’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma e da quel momento è iniziata la lunga trafila tra dottori e ospedali. I medici non si sono accorti subito che si trattava di un problema genetico, ma hanno supposto più che altro problemi metabolici.

Le hanno fatto molte analisi metaboliche che ovviamente sono risultate sempre negative. Per fortuna però, visto che la sua ipotonia era piuttosto importante, già all’età di sette mesi F. ha iniziato la riabilitazione neuro-motoria e credo che questa sia stata la sua fortuna. Abbiamo passato diversi mesi nell’incertezza, senza riuscire a capire cosa avesse nostra figlia: continuava a non muoversi, non afferrava nulla con le mani, e continuava a non essere interessata a niente, neanche a noi! Casualmente poi, visto che i medici non riuscivano a venirne a capo, le hanno fatto fare alcuni prelievi per diversi esami genetici. Così, quando aveva dieci mesi, siamo riusciti ad avere la diagnosi. Purtroppo, però, quando ci hanno riferito cosa aveva nostra figlia, i medici non sono stati né precisi né esaustivi: non ci hanno spiegato esattamente che cosa fosse questa sindrome, non ci hanno esposto la sua importanza e gravità e, tanto meno, quanti e quali problemi F. (e noi come genitori) si sarebbe trovata ad affrontare.

Desideravamo saperne di più e abbiamo iniziato a cercare informazioni, ma è stato molto frustrante rendersi conto che non c’era divulgazione, soprattutto in italiano, e che neanche i medici che seguivano F. erano preparati sulla sua sindrome. Dopo diversi mesi di ricerche, siamo riusciti a trovare alcuni articoli scientifici del Dr. Battaglia che spiegavano bene questa sindrome. Così lo abbiamo contattato e finalmente siamo riusciti ad avere risposte a domande a cui nessuno fino a quel momento aveva saputo rispondere. Ci siamo resi conto di tutti i problemi a cui F. andrà incontro. Naturalmente è stato un momento difficile: sembra quasi impossibile per un genitore accettare la disabiltà del proprio figlio. Ma, ormai dopo tanti mesi, possiamo dire che è stato fondamentale perché ci ha dato la forza di reagire di fronte a qualcosa di finalmente conosciuto e soprattutto di condividere la nostra esperienza anche con altre famiglie. Adesso F. ha quasi quattro anni. Ha iniziato ad avere le sue prime crisi epilettiche da quando aveva un anno, ma per il momento, dopo diversi tentativi, le crisi sono sotto controllo. Continua la riabilitazione psico-motoria tre volte a settimana, inizierà presto a fare logopedia, e frequenta l’asilo, fondamentale per il suo sviluppo relazionale.

Soltanto adesso ha iniziato a camminare, ma ancora non ha sviluppato le competenze di una bambina della sua età. Ha fatto tantissimi progressi ed ogni piccolo obiettivo raggiunto è per lei (e per noi) una grande conquista: finalmente si gira quando la chiamiamo per nome, inizia a chiamare “mamma” e “papà”, è interessata al mondo che la circonda, ai suoi giochi, a suo fratello, cerca il contatto fisico con le persone e, anche se non parla, comunque a modo suo comunica i suoi stati d’animo, ride quando è contenta, quando la chiamiamo e le parliamo perché adesso finalmente ci riconosce, e si arrabbia quando non riesce a fare qualcosa. Inizia anche a sviluppare il senso del pericolo e questo aiuta anche noi genitori ad essere un po’ più tranquilli. E’ una bimba molto tenace e testarda e ciò sicuramente la aiuta nel suo processo di acquisizione e di crescita. Sicuramente F. dovrà fare un lungo cammino, e noi insieme a lei: non sappiamo dove arriverà, se parlerà, se riuscirà ad andare al bagno da sola, a mangiare da sola, a giocare come e con gli altri bambini… Ma quello che F. ci ha insegnato è che si può essere felici anche se si è “diversi”, che la felicità non è una sola, la nostra, ma esiste anche la sua di felicità, quella di F., anche se a volte è difficile da comprendere e, soprattutto, da accettare. F. è una bambina serena, che sorride e il suo è un sorriso meraviglioso, è un sorriso che illumina il mondo perché è innocente, viene dal cuore, dai suoi occhi scuri ed espressivi; è un sorriso spontaneo, sempre sincero, ed ogni giorno ci regala la gioia di averla accanto!

DOPO 8 ANNI…

"Ho imparato che bisogna fingere di accettare la malattia come qualcosa che ci integra e ci appartiene, alla stregua di un prolungamento dei nostri corpi, una cerimonia consacrata, dunque, capillare ed incessante, un codice casalingo radicato nei nostri gesti.” (C. Samonà, “Fratelli”).

a distanza di otto anni, posso dire di aver osservato F. per ore, giornate, mesi, anni… E’ bella, strana, diversa, divertente, acuta, ostinata, dolce, ma soprattutto lei è FELICE. E allora, a chi appartiene davvero questo dolore che ti apre il cuore? Oggi so che è soltanto mio, appartiene soltanto a me; è sempre accanto a me e dentro di me, serpeggia meschinamente e si annida negli angoli più nascosti della mia mente, dei miei pensieri, delle emozioni, del mio mondo cosciente e non cosciente, dei miei sogni.
Essere mamma di una figlia disabile… E’ amore puro, incontaminato, completamente scevro da aspettative, un vuoto a perdere che instancabilmente continuo a riempire di attenzione, cura, protezione, dolcezza. E tutto questo mi rende forte, potente, una leonessa in grado di affrontare ogni cosa per lei; e al tempo stesso sono cristallo, fragile, vetro così sottile e delicato che alla più piccola scossa si incrina. Ma magicamente sembra non rompersi mai.
Dopo 8 anni in cui si sono avvicendate guerre intestine tra emozioni, dall’incredulità alla rabbia, dalla disperazione all’accettazione, dalla felicità, spesso indotta, alla speranza di poter vivere una vita normale, quello che oggi sto veramente imparando è il valore della rassegnazione: questo mi rende lucida, mi permette di vedere F. per quello che davvero è, e non per quello che forse, se faccio, se vedo, se provo, potrebbe diventare. E ogni relazione si sistema, si “aggiusta”, trova una sua collocazione, il suo spazio, il suo pieno e il suo vuoto: è un dato perentorio e assoluto, perché F. altro non può essere. Non è arrendevolezza: per lei scalo le montagne, porto pesi più grandi di me e affronto i draghi, il loro fuoco. La rassegnazione è il dono che mi permette tutto questo, è la consapevolezza di chi sono, di cosa posso fare e cosa non posso fare, e di chi è veramente F.. E nel momento in cui scopro questo dono, la rabbia piano piano mi abbandona, e mi abbandona l’ottusa ostinazione a rincorrere modelli che a lei non appartengono e non apparterranno mai, perché F. è diversa, ed è meravigliosa anche per questo. Allora ogni sua conquista, anche minima, microscopica, quasi invisibile agli occhi di chi non la conosce, sconfigge un altro drago: 2 secondi di sguardo in più, la comprensione di una parola fino ad allora ignorata, una nuova richiesta, un nuovo capriccio, una carezza o un abbraccio spontanei…
F. ormai è dentro di me: nella mia mente e nel mio cuore c’è il suo sguardo, il suo odore, la sua voce, la sua pelle, i suoi capelli, e sebbene nulla sia mediato dal linguaggio verbale, ormai è il mio lessico familiare. E la mia vita si adatta a lei, con pacifica rassegnazione, e con assoluta reciprocità cambiamo insieme: come l’acqua che scorre sul greto di un torrente, segue un cammino segnato, ma lentamente lo modifica, lo leviga, lo addolcisce, fino a cambiarne quasi il percorso.
So che avrei dovuto parlare di F.: delle sue terapie, della scuola, di cosa riesce a fare oggi rispetto a ieri… Ma mi sono concessa il lusso, una volta tanto, di parlare di me, del mondo emotivo di una mamma che non era preparata a tutto questo, e di cosa è successo e come è cambiato questo mondo emotivo dopo 8 anni di vita faticosa, dolorosa, a volte insostenibile, ma soprattutto meravigliosa, insieme a lei.

Camilla, luglio 2012

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